sabato 25 ottobre 2014

Arrivano gli “psicopatici”



Un addio a “l’epoca del narcisismo”
Götz Eisenberg


Nel 2013, l’American Psychiatric Association pubblicherà la quinta edizione del suo manuale di diagnostica (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) che esiste dal 1952. Questo manuale ha lo scopo di definire i criteri universali per decidere da quale momento un essere umano dev’essere dichiarato malato sul piano psichiatrico. L’imminente pubblicazione ha già scatenato polemiche accese. 
La nuova edizione è stata progettata per un riordino in tema dei disturbi della personalità. Delle undici malattie riconosciute attualmente, soltanto due sono regolarmente diagnosticate: Il “disturbo della personalità borderline” e il “disturbo della personalità antisociale”. Quale umiliazione per i narcisisti. Presto non esisteranno più, in ogni caso non nella loro forma pura!
Il fatto che il “disturbo della personalità narcisistica” sia stato ritirato dalla circolazione può essere interpretato come il fatto che i sintomi attribuiti a questa malattia sono diventati parte integrante della normalità. Questo disturbo di base non ha più valore di malattia nella nostra società, ma riflette piuttosto il suo carattere sociale. Ad ogni fase dello sviluppo sociale corrisponde un carattere sociale dominante. La struttura identitaria dell’individuo è sincrona con quella dell’ambiente circostante. Il personaggio principale del romanzo di Heinrich Mann, Il suddito [1], con la sua sottomissione incondizionata, la sua inclinazione compulsiva a risparmiare e a conservare tutto, riflette completamente la fase storica durante la quale il capitalismo in Germania prese a svilupparsi sotto la forma di uno Stato autoritario e semifeudale. Nel frattempo, abbiamo già visto, in certe sottoculture marginali, culturali e artistiche, emergere la successiva tappa di sviluppo. All’esordio, i loro attributi furono stigmatizzati e analizzati come segni di degenerazione e di malattia. E’ così che furono trattati gli ambienti dadaisti e surrealisti, con i dandies e i bohèmiens, che coltivavano alcuni tratti narcisisti e che anticiperanno in molti settori l’edonismo consumistico. Per il borghese, i bohèmiens e gli artisti erano dei “dandies vanitosi” della “menzogna” di cui occorreva sbarazzarsi, cosa che finirono per fare. Nei famosi anni venti, abbiamo già visto all’orizzonte il cambiamento storico-psichico che ci avrebbe portato all’epoca del narcisismo. Successivamente, il fascismo portò a una regressione collettiva verso il carattere sociale tradizionale, con i suoi ideali di ordine e purezza, seppellendo provvisoriamente ogni altro sviluppo. Ci volle qualche decennio perché le tendenze degli anni venti si manifestassero di nuovo, importate dagli Stati Uniti. 

La rivolta del 1968
Durante la transizione verso l’epoca consumista, i comportamenti bohèmiens uscirono dal loro ghetto sottoculturale e si massificarono. Una buona parte della dinamica della rivolta del 1968 proviene dalla frizione tra due forme differenti del carattere sociale o delle “classi psichiche”[2]. Retrospettivamente, la rivolta appare anche per essere stata una nuova tappa nell’implementazione dello sviluppo capitalista. Si potrebbe dire, per parafrasare Hegel, che lo spirito del capitalismo si è servito dei suoi oppositori per far ritorno a sé e raggiungere il suo concetto. Personaggi come Rainer Langhans [3] hanno reso dei grandi servizi alla modernità, ed è dunque logico di ritrovarli oggi nel gioco di un reality, “Le camp de la jungle»”, prodotto dalla catena RTL. Il fatto di “esplodere” e di curare il suo look hippie non ha rappresentato una ribellione che nell’epoca in cui la Germania Federale era fondamentalmente postfascista, coercitiva e “piccolo borghese”. L’epoca in cui portare i capelli lunghi suscitava nei borghesi e nei bigotti una pulsione di annientamento è finita. Lo sviluppo psichico e culturale possiede una sua propria struttura temporale e possiede tutt’ora un tempo più lento in relazione ai cambiamenti economici e tecnici. Di tanto in tanto avviene una rivolta militante per riformare i sottosistemi anacronistici al fine di attualizzarli.
Possiamo assistere attualmente alla decomposizione del soggetto introverso tradizionale e alla transizione verso “l’individuo flessibile” che corrisponde ai modificati imperativi della nuova fase dello sviluppo capitalista. I suoi tratti sono identici al catalogo dei sintomi del vecchio disturbo della personalità narcisista, che intanto non è più considerata una malattia. Una parte dei suoi sintomi che non sono compatibili con la nuova normalità sono trasferiti verso altri disturbi: il narcisismo ormai ha diritto di cittadinanza, salvo nelle sue forme morbose o “borderline”.
Ma possiamo già vedere gli inizi dei nuovi cambiamenti storico-psichici. Gli anni che abbiamo appena attraversato, contrassegnati dal neoliberismo, hanno reso le persone indifferenti, la loro vita interiore si è trasformata in un grande ghiacciaio di sentimenti congelati. Le persone non possono fare diversamente che trasmettere questa freddezza al loro ambiente naturale. Ci sono delle differenze non trascurabili a seconda se si è cresciuti e se si vive in una società che valorizza la solidarietà coi deboli e quelli che sono meno competitivi, o se si vive in una società dove queste persone sono abbandonate alla miseria e stigmatizzati in quanto perdenti. Che l'espressione "sei una vittima" sia diventata il peggiore insulto che i giovani si lanciano alla testa la dice lunga sull'immagine pervertita che si fanno dell'umanità, contrassegnata negli ultimi anni dal culto del vincitore. Lo si vede per esempio dagli sportivi che cantano a squarciagola davanti alle telecamere dopo una partita vittoriosa: "Guardate a che cosa somigliano dei vincitori - hohéhohéhohé". Senza la traccia di un dubbio, come fosse uscita dall’ultima soap opera, il portiere americano della squadra di calcio femminile, Hope Solo, incarna il culto del vincente. In un’intervista prima della finale dell'ultimo campionato del mondo, dichiarava: "Sappiamo che vinceremo. È la nostra mentalità." Che si sia sbagliata è di poco conforto.

Il mercato come vita interiore
Gli atteggiamenti ed i comportamenti che sono dettati dal mercato e che sono indispensabili per riuscire sul piano economico hanno penetrato oggi la vita quotidiana fino nei suoi ultimi recessi. La mancanza di riguardo generalizzata, l'individualismo spinto fino alla mania egocentrica, il cinismo e l'indifferenza caratterizzano oggi i rapporti tra gli individui. E’ così che “l’epoca del narcisismo” porta già nel suo seno il prossimo livello di sviluppo storico-psichico. Il mercato, l'economia e la pedagogia dettano l'idea che la vita interiore umana deve essere flessibile e intercambiabile, analoga a ciò che si stigmatizza ancora oggi come "psicopatico", e che si ritrova tra i detenuti, in prigione o nelle istituzioni medico-legali. Il termine psicopatico non è utilizzato qui nella sua accezione popolare, come definizione di una personalità perturbata, imprevedibile e violenta, ma come è stato definito dagli psichiatri nordamericani Cleckley e Hare, secondo cui le caratteristiche di una personalità "psicopatica" sono l'incapacità di provare empatia, il fatto di essere un buon oratore, affascinante, sicuro di sé, a suo agio nelle situazioni sociali, freddo quando sotto pressione. Vale a dire precisamente i tratti che caratterizzano i giocatori d’azzardo ed i guru della new economy e del mondo della finanza che continua a spingerci verso il precipizio.
Nel 2007, Paul Babiak e Robert Hare hanno pubblicato un libro, “Schiavisti o manager”, nel quale mettono in guardia i manager e il mondo della finanza. Se degli “psicopatici” dovessero occupare posti di direzione, la loro propensione al rischio e la loro totale assenza di scrupoli potrebbero rivelarsi disastrose a lungo termine. Ai nostri giorni, la psicologia, che vende il suo sapere al miglior offerente, cerca di spiegare i malfunzionamenti del sistema partendo dagli individui piuttosto che dalla struttura dell’economia capitalistica. La psicologia ufficiale, in ciò che concerne la società, tenta, come ha detto Peter Brückner, “di descrivere gli astri attraverso un cielo particolarmente nuvoloso”. Essa non riconosce il fatto che i fenomeni critici sono un effetto secondario di una nuova epoca del capitalismo che comincia dagli anni ’90 e che non conosce altro criterio che la quotazione borsistica. Il mondo del denaro, scatenato e senza scrupoli, è divenuto un generatore di “psicopatici”, li attira come una calamita e li moltiplica.
Una carriera da psicopatico nasce da un lato dalla famiglia, quale associazione utilitaristica dei soggetti della merce, e dall’altra dal mondo virtuale dei videogiochi. Giocare fino all’eccesso al videogioco, fondamentalmente antisociale, contribuisce alla produzione di “psicopatici funzionali” e forma le generazioni a venire alla vita nel mondo capitalista. Si assiste attualmente alla formazione di una nuova struttura infantile che si potrebbe chiamare un’oggetto-socializzazione [4]. In una forma di abbandono dei bambini postmoderni, li si lascia fin dalla più giovane età davanti agli apparecchi elettronici e tecnici, responsabili della loro socializzazione. Anche se i genitori moderni si auspicano figli saggi, non sono pronti a fare sforzi personali e a dedicare loro il tempo necessario. L’esigente lavoro educativo è delegato agli insegnanti e alla “Ritalin”, questo presunto farmaco miracoloso per “placare” i bambini. Esso appartiene alla famiglia delle amfetamine ed è sempre più prescritto ai bambini come se si trattasse di un semplice integratore alimentare. E’ con la Ritalin ed altri psicotropi che si vuole rendere i bambini in grado di sopportare le relazioni della concorrenza coi quali li si confronta fin dalla più tenera età. Il mercato onnipresente e deificato da tutti penetra fin dentro le scuole, caratterizzate da concorrenza, solitudine, ostilità tra i bambini e molestie morali. La conseguenza rischia di essere il fatto che la concorrenza del darwinismo sociale, la mancanza di educazione, la freddezza e l’indifferenza costruiscono nei bambini un’insensibilità psichica, un’assenza di empatia e una mancanza di scrupoli. Anche se è ancora il narcisismo che domina oggi, è agli psicopatici che appartiene l’avvenire.

L’uomo flessibile
La sola cosa di cui si può essere sicuri oggi, sono le catastrofi verso cui corriamo. Ogni alternativa dipenderà dall'azione umana. La società attuale porta ancora in sé le possibilità di qualche cosa di migliore, ma per realizzare queste possibilità, non ci si può affidare né ad una tendenza propria della storia né ad un qualsiasi soggetto collettivo. E’ a noi, gli esseri umani di oggi, che spetta fermare la follia dell'economia scatenata e di riprendere il controllo. Una delle priorità di una società liberata dalla tirannia dell'economia sarebbe quella di inventare e creare dei nuovi spazi, stabili nel tempo e la durata, e con una presenza educativa umana, che permetterebbe ai bambini di riuscire nella loro crescita psichica e di svilupparsi in quanto uomini in una società umana. Una società in cui l'integrazione sociale e i rapporti tra le persone sarebbero basati su forme di cooperazione solidale, e non su una socializzazione asociale attraverso il denaro e il mercato, produrrebbe altre strutture psichiche e altre forme di mediazione della questione psichica e sociale che attualmente non possiamo formulare con dei concetti. Si può avanzare soltanto l’idea che l'esistenza individuale dovrà avere un rapporto pronunciato con la comunità nella quale l'individuo deve ritrovare una vera solidarietà. Per dirla con le parole del manifesto del partito comunista, una società nella quale "il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti".
La produzione dell’umano sarà al centro di un’”economia della felicità” (Bourdieu) che permetterà agli individui di fiorire, di scoprire e di far nascere le possibilità che la società di classe ha finora ostacolato. Ma ricordiamoci l’avvertimento formulato dalla teoria critica che mette in guardia dalla volontà di voler definire troppo esattamente l’emancipazione, e terminiamo dunque con una definizione negativa: l’uomo moderno non è limitato da niente, attaccato a niente, è senza tradizione, senza scrupoli, governato dall’opportunismo, alla ricerca permanente della fruttificazione dei suoi vantaggi personali e dalla crescita della quotazione in borsa del proprio ego. Quest’”uomo flessibile” non rappresenterà certamente l’ideale di un’umanità liberata.


01 In tedesco Der Untertan, romanzo scritto due mesi prima dello scoppio della Prima Guerra mondiale

02 Concetto creato da Lloyd de Mause, nel 1931 à Detroit, Michigan, un pensatore sociale americano conosciuto per i suoi lavori storico-psichici. Fondatore del Giornale di Psico-storia.

03 Autore e cineasta tedesco, nato nel 1940, conosciuto soprattutto come uno dei principali protagonisti del movimento comunitario politico a Berlino nel 1967/68.

04 Concetto sviluppato da Günther Anders secondo il quale l’uomo non è più il soggetto della storia, rimpiazzato dagli oggetti.



Traduzione by lpz